Nota stampa 1° aprile 2022
La metodologia prevista dall’art. 37 del Decreto Legge 21/2022 per l’individuazione di extra-profitti, oggetto di un contributo solidaristico straordinario, “introduce forti effetti distorsivi sulle aziende del downstream petrolifero (raffinazione, distribuzione e commercializzazione di prodotti petroliferi), derivanti dagli indicatori utilizzati per determinare la base imponibile su cui è calcolato il contributo. È dunque importante intervenire su tale metodologia, introducendo una serie di correttivi e un cap contributivo, per riportare ragionevolezza ed equità nell’individuazione dell’entità del contributo, oggi completamente disgiunto dal risultato d‘esercizio dei soggetti obbligati e quindi di molte volte superiore alla loro normale capacità contributiva, risultando di conseguenza non sostenibile per diverse Aziende da noi rappresentate”.
È quanto si legge in una lettera inviata ieri al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, nella quale il Presidente di Unem, Claudio Spinaci, ribadisce, come fatto in una recente intervista al Sole 24 Ore, tutta la sua preoccupazione per una norma che “al di là delle ragioni complessive che l’hanno ispirata e senza scendere nel merito di una valutazione esaustiva dei diversi profili, per come è stata strutturata, va a colpire il downstream petrolifero indipendentemente dalla generazione non solo di extra-profitti ma anche di profitti, intervenendo su un settore che già da alcuni anni è in forte sofferenza economica e finanziaria”.
“In primo luogo – prosegue la lettera – emerge macroscopico, ma non unico, quello prodotto dalla variazione dei volumi venduti, che risulta particolarmente significativa per il settore petrolifero in quanto il confronto per individuare gli extra-profitti viene effettuato rispetto ad un periodo (quarto trimestre 2020- primo trimestre 2021) in cui erano in atto significative restrizioni della mobilità con conseguente forte contrazione delle vendite al consumo. Un effetto volumi significativamente amplificato dalla presenza delle accise per le aziende che vendono ad accisa assolta prodotto acquistato in sospensione d’accisa o derivante da lavorazione di greggio in Italia”.
“In tali casi – si legge ancora– le accise costituiscono base imponibile IVA per le operazioni attive, mentre non rientrano nelle operazioni passive, generando così un elevato saldo tra attivo e passivo che nulla ha a che fare con presunti extra-profitti. A ciò va poi aggiunto l’incremento di alcune voci di costo al di fuori della contabilità IVA (come oneri finanziari dovuti al maggiore indebitamento e oneri per la copertura delle oscillazioni delle quotazioni delle commodity) che concorrono a rendere il delta tra i due saldi un indicatore non idoneo, da solo, per misurare i profitti”.
“Per questo motivo – conclude la lettera – auspichiamo vivamente un incontro urgente per meglio chiarire le criticità evidenziate”.
DOWNLOAD 2022.04.01 – Extra profitti_nota stampa su lettera a Ministro Franco