Roma, 9 febbraio 2021
La decarbonizzazione del trasporto stradale leggero e pesante è un obiettivo molto sfidante che va conseguito con il concorso di tutte le tecnologie disponibili, senza escludere a priori alcuna tecnologia. In questo ambito, i combustibili liquidi a basse emissioni di carbonio (LCLF) potranno giocare un ruolo fondamentale per il raggiungimento della neutralità del carbonio in tutti i comparti del trasporto.
È quanto si legge nel contributo inviato da Unem a Bruxelles nell’ambito della consultazione pubblica avviata dalla Commissione europea per la revisione del regolamento sulle emissioni di CO2 di autovetture e furgoni.
Sebbene l’elettrificazione del settore stradale leggero sia un mezzo importante per favorire la neutralità climatica, è stato sottolineato come esso non sia l’unica opzione e come gli LCLF rappresentino una soluzione altrettanto valida nella transizione energetica, garantendo soluzioni accessibili sia da un punto di vista economico che sociale. Assume però, a tal riguardo, particolare rilevanza la definizione di veicoli a basse/zero emissioni, che dovrebbe essere tecnologicamente neutra e sufficientemente completa da valutare compiutamente il contributo delle diverse tecnologie all’abbattimento delle emissioni. Unem ha pertanto richiesto alla Commissione europea di adottare una definizione di “Zero Emission Vehicle” basata sull’intero ciclo di vita del fuel che lo alimenta.
Le condizioni per promuovere gli investimenti necessari a sviluppare industrialmente i low carbon fuels risiedono proprio nella modifica del Regolamento sui limiti alle emissioni di CO2 oggetto della consultazione, che attualmente è caratterizzato da un approccio “Tank-to-Wheel” che trascura completamente la CO2 emessa “a monte”.
Questo approccio tradisce la neutralità tecnologica in quanto non conteggia la CO2 emessa nella produzione dell’energia elettrica che alimenta le auto elettriche e non garantisce, dunque, la decarbonizzazione del trasporto, spingendo i costruttori unicamente verso la tecnologia delle BEV cui vengono empiricamente assegnate “emissioni zero”.
Va rilevato che, con l’attuale Regolamento, i motori alimentati con i combustibili liquidi decarbonizzati, pur abbattendo completamente le emissioni di CO2, non vengono considerati a “emissioni zero” e senza una modifica della normativa, che consideri le emissioni climalteranti rilasciate lungo tutta la filiera dei combustibili, si perde questo beneficio.
Anche in materia di incentivi e obblighi per i veicoli a zero o a basse emissioni ci sono delle disparità di trattamento. Unem ritiene che questi debbano essere limitati nel tempo perché continuare ad incentivare per lunghi periodi tecnologie non in grado di sostenersi autonomamente sul mercato, comporta un uso inefficiente delle risorse. A tale proposito, sarebbe perciò importante eliminare qualsiasi sistema incentivante dopo il 2030, lasciando al mercato stabilire le tecnologie più efficaci in termini di costi-benefici.
Unem ritiene che uno strumento in grado di regolamentare le emissioni climalteranti del trasporto stradale con un approccio metodologicamente più corretto e neutrale rispetto all’attuale Regolamento, possa essere rappresentato dall’adozione di meccanismi di “carbon trading” per tutti i vettori energetici impiegati nella mobilità. Una simile soluzione, accompagnata da un sistema di mercato di certificati e crediti, consentirà infatti di mettere in competizione le diverse tecnologie così da premiare le soluzioni in grado di conseguire gli obiettivi della transizione nel modo più efficace ed efficiente.
Nello specifico, la responsabilità dei “Produttori di apparecchiature originali” (OEM) potrebbe essere collegata a quella dei fornitori di carburante, in modo che i crediti generati dai fornitori di fuels possano contribuire al raggiungimento dei target sulla CO2, permettendo all’industria automobilistica europea di mantenere un vantaggio competitivo a livello internazionale in questo settore e agli automobilisti/utenti di avere una più ampia gamma di possibilità per le loro scelte di mobilità.
A rischio è la competitività dell’industria europea dell’auto, un settore che rappresenta il 7% del Pil europeo, impiega 15 milioni di persone, genera un gettito fiscale di oltre 440 miliardi di euro ed è il principale investitore in R&D con circa 61 miliardi di euro all’anno.
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